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Fin dagli esordi Duchamp ha intrecciato con la fotografia un rapporto fecondo che ha attraversato la sua opera a piů livelli, caricando il medium di nuove potenzialitŕ. Macchina che vede ma non sceglie, che preleva frammenti di realtŕ senza l'intervento diretto della mano dell'artista, l'apparecchio fotografico č del tutto congeniale alla poetica duchampiana dell'indifferenza e del non fare. Non a caso egli abbandona il disegno e la pittura piů tradizionali - colpevoli di fermarsi al retinico, cioč a una sensorialitŕ e quindi anche a una scelta dettata dal gusto - per abbracciare un'attitudine "infrasottile", categoria che racchiude quanto sfugge alla percezione umana e che puň essere colto unicamente con l'ausilio della materia grigia. L'immagine - in primis quella fotografica - non č mai solo quello che č, né mostra solo ciň che rappresenta. Al contrario, č una porta su qualcos'altro, una breccia in quella quarta dimensione su cui Duchamp si arrovella senza requie: essa richiede allo spettatore un supplemento di attenzione, un secondo sguardo che non si fermi alle apparenze, dietro le quali, come nel gioco degli scacchi, un gambetto č in agguato. Sarebbe ingannevole, per esempio, considerare le numerose apparizioni fotografiche di Duchamp - la sua tonsura a stella immortalata da Man Ray, l'artista seduto a un tavolino e mentre cammina per strada nelle celebri immagini di Ugo Mulas, o ancora lo strabiliante "Marcel Duchamp all'etŕ di 85 anni" - come tradizionali ritratti d'autore o di circostanza. Nascono invece dall'azione combinata di chi sta davanti e dietro la macchina fotografica, in un complesso gioco di rimandi dove le allusioni impalpabili eppure cruciali dell'arte di Duchamp non lasciano dubbi sulla loro intenzionalitŕ come opere. Elio Grazioli documenta tutti i casi in cui il fotografico e la riflessione su di esso fanno capolino nell'opera dell'artista e ne indaga le risonanze all'interno del sistema duchampiano. Un sistema in cui ciascun elemento entra a pieno titolo in una strategia complessiva che prescinde dalla diversitŕ dei materiali e anticipa un modo di fare arte che č oggi fra i piů diffusi: quello di non specializzarsi in un solo linguaggio ma di metterli tutti al servizio di un'idea.